Hi ha! Le asinate visuali allucinatorie degli economisti borghesi. Ciò che non è scientifico non è marxista, e viceversa



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Conclusione:

Se siete eticamente e intellettualmente capaci di discorrere di queste asinate privilegiando un equilibrio fondato sopra la soglia fisiologica unicamente riservata ai lavoratori, potete aspirare al Premio Nobel in questa “dismal science”, oggi globalizzata; anche se poi le probabilità dimostrano che sarà preferibile per voi essere ebreo, indipendentemente del vostro paese di origine (a dire vero, non sappiamo cosa pensare a questo proposito della scelta di proclamarsi “mezzo-ebreo” da parte di un pitre come Emmanuel Todd ...) Meglio dunque abbandonarli questa pericolosa disciplina di illusionisti scientificamente e economicamente criminali, per concentrarsi invece sopra la critica marxista dell'economia politica classica, e sopra lo sviluppo della teoria della pianificazione fondata sopra la Legge del valore e la democrazia socialista, cioè sopra il rispetto della distinzione tra i due domini complementari della Necessità e della Libertà, con le relazioni di produzione che si impongono in questo quadro per garantire l'uguaglianza di tutti i cittadini tra di loro.

La teoria economica borghese in tutte le sue varianti è alla scienza come l'alchimia alla chimica. Ma solo, ben inteso, quando ci riferiamo a questa alchimia senza anima (i.e., senza coscienza, come avvertiva Rabelais), per la quale il vivo argento era utile solo per l'amalgamazione dell'oro e dell'argento, e niente altro. All'immagine di questi alchimisti sviati, i teorici borghesi girano tutti tondo attorno alla stessa mola del solito mulino, distruggendo pero senza particolare stato di anima le società che pretendono guidare: Questa gente da poco, nuovamente sovra-rappresentata, distrussero l'Unione sovietica in meno di 7 anni, l'Italia sin dal 1992 e i Stati Uniti sin Reagan ma particolarmente sin da quello G.W. Bush, circondato dalla sua numerosa camarilla di crociati illuminati e criminali, spesso in possesso della doppia cittadinanza americana e israeliana.

Ora basta! Questa gente deve ormai rispondere dei suoi crimini.

In un prossimo articolo ci occuperemmo specificamente di Robert Solow e della sua presunta critica a Harrod ... Conosciamo già gli elementi essenziali di questa critica. Portano sopra la funzione di produzione solowiana notata : Y= f(K,L) e sopra il ruolo devoluto alla tecnologia. Questa concezione solowiana non tiene conto della “liberazione” della manodopera indotta dalla crescita della produttività reale senza la quale la tecnologia non avrebbe nessuna importanza. Così numerosi fatti importanti vengono buttati fuori del campo di investigazione scientifico: in particolare la creazione dell'Armata di riserva del proletariato, purtroppo essenziale per capire tanto il funzionamento del mercato di lavoro con la ridistribuzione sociale, quanto i fenomeni inflazionisti e la logica della Riproduzione Allargata e della spartizione della crescita. Oggi, in tutto l'Occidente più di 10 % del PIL furono trasferiti dal salario al capitale in meno di un quarto di secolo senza nessuna controparte, nemmeno in termini di Riduzione del Tempo di Lavoro (RTL) o di bonifica dei programmi sociali di accesso universale, mentre la precarietà sta creando una armata numerosa di sotto-proletari. La scelta è dunque chiaramente tra la spartizione marginalista della miseria nel seno del popolo al beneficio dei solo dirigenti, oppure la spartizione marxista del lavoro e delle ricchezze socialmente disponibili tra tutti i cittadini (Marx, Lafargue, Pacault ecc. ...) Ritorneremo su questo argomento. Ecco in breve quello che avevo notato a questo soggetto nella mia Synthèse de la critique définitive au marginalisme ovvero «Sintesi della critica definitiva al marginalismo» del 23 febbraio 2008:

«3) L'utilità e la produttività marginale dinamica e tecnologica di R. Solow.

3i) Norme (cioè per quello che concerna la durata, l'intensità, la differenza tra capitale fisso e circolante da una parte e “capital used-up” dall'altra, questo ultimo essendo utile per determinare la composizione organica del capitale, dunque il suo grado di «produttività», ecc.) Il marginalismo rappresenta una violazione permanente di tutte le norme, in particolare per quello che riguarda i diritti del lavoro, anche sotto i suoi aspetti «standardizzati» - Bell curves – della Pin factory di Adam Smith elaborata poi da Saint-Simon, da Proudhon e da Marx, e poi ancora ripresa, in maniera tecnicista e brutalmente censitaria dal padre del «trained gorilla» F. Taylor. Al meglio, R. Solow concepisce il lavoro umano come un semplice fattore di produzione liquefatto a volontà, compreso nel contesto della dominanza del capitale speculativo globale di corto termine (il che insulta la realtà, vedi Marx assieme ai concetti di livelihood e di disembedding capitalista di Karl Polanyi. Di fatti, basta solo chiedere che concorrenza reale può esistere tra un salario minimo di 7.50 euro all'ora, al quale si aggiungono i contributi sociali, i versamenti per la pensione e le tasse sul reddito o altre da un lato, e dall'altro lato un salario di 0,50 euro o 55 centesimi orari senza nessuno diritto, con una speranza di vita di 40 a 50 anni al gran massimo – i.e. la soglia fisiologica, essa stessa elastica visto che dipende dalla soglia di civiltà raggiunta, pace Solow et al.? (viz il “contratto di lavoro” presume, almeno formalmente, due parti non uguali ma libere di firmarlo ...)

3ii) Questo libertarismo (o anomia) di destra è fraudolente: Nella sua credenza che l'optimum marginalista viene dato idealmente dalla soglia fisiologica, Solow crede di potere sottrarsi alle critiche di Keynes, indirizzate contro Marshall e Pigou, ponendo la funzione di produzione seguente: Y = f(K,L). Ma ponendo pure surrettiziamente nel processo che L corrisponde tanto al lavoro impiegato che alla situazione di pieno impiego. Un colmo!!! (Perché, per riassumere, non ci può essere nessuno equilibrio duraturo in queste condizioni come dimostrò Keynes, il quale aggiunge alle sue critiche il fatto che il marginalismo primitivo, che lui contesta dall'interno, non tiene conto degli effetti temporali della produzione e della riproduzione (lags), né della moneta, né dei tassi di interessi (i.e. credito, speculazione come vettore di crisi, eutanasia del rentier desiderata da Keynes ecc., ecc.) Partendo da ipotesi tali, per il pitre Solow il pieno impiego si conserverebbe solo con l'aggiustamento economico a scapito dei salari (aggiustamento fatalmente al ribasso come lo vedremo, non solo per l'effetto della concorrenza globale – esterna- ma sopratutto per l'effetto della liberazione della manodopera, indotta dall'introduzione di nuove tecnologie più efficaci e dunque capaci di risparmiare sui costi del lavoro ...)



3iii) Solow pretende criticare il modello di regulation dinamico di Harrod (Questo è la sua vera «bête noire», la sua nemesi) Lo fa con la froda anti-Keynes descritta qui sopra. (Crede che la concorrenza sarà ristabilita con la flessibilizzazione del lavoro, la distruzione del Welfare State, anche in quella scheletra forma praticata nei Stati Uniti, e dal libero-scambio asimmetrico mondiale ...) Pero, essendo obbligato di mantenere il dinamismo del sistema egli tenta di introdurre la tecnologia – purtroppo senza crescita la spartizione della torte diventa più ardua ... Può farlo solo in modo esogeno (al contrario della composizione organica del capitale di Marx restituita da me) e di più in un modo totalmente contraddittorio. La critica contro l'assenza di norme si applica ugualmente alle economie di scale e a questa introduzione esogena della tecnologia. Di fatti, a cosa potrebbe mai servire l'introduzione di una nuova tecnologia se non permettesse di aumentare la produttività reale del capitale, cioè se, con più K e meno L non si fosse capace di produrre più M (M essendo il totale della produzione di un prodotto specifico)? Intanto, se questo fosse il caso, le cose dovrebbero ancora rimanere coerenti (eg. la critica di Marx a Senior): in effetti, lo stesso rapporto capitale/lavoro deve ritrovarsi tanto nel prodotto totale quanto in ogni suoi prodotti specifici presi proporzionalmente (il profitto non può dunque emergere dall' “ultima ora di Senior”, e dunque nemmeno della “ultima unità prodotta” nata dai fantasmi dei marginalisti.) Il marginalismo e Solow sono ontologicamente ciechi a questo proposito, visto la loro incomprensione totale del processo di produzione, in particolare quelli elementi già notati in 3i.

Ma c'è di più : un aumento di produttività reale “libera” un certo numero di operai (altrimenti per il padrone il gioco non avrebbe nessuno interesse. Se mutatis mutandis la durata e l'intensità del lavoro aumentassero al posto della produttività reale questo produrrebbe un vantaggio senza avvenire; sarebbe invece una manovra simile ad una variante di quelle svalutazioni falsamente dette competitive, che servono solo a distruggere le aziende e le Formazioni sociali (vedi l'Italia contemporanea con le ciarlatanesche politiche condotte dai vari Dini, Ciampi, Tremonti e Co ...) Fatto sta che nessuno aggiustamento marginalista-solowiano tramite il salario potrà mai risolvere questo problema interno legato all'introduzione della tecnologia, visto che questo mette in causa la problematica dell'assorbimento dell'Armata di riserva dai nuovi settori intermediari indotti della massificazione delle nuove tecnologie (vedi Tous ensemble, Marx o ancora Alfred Sauvy per il “déversement” della manodopera in questi nuovi settori.) Questi nuovi settori sono essi stessi mossi dall'innalzamento della composizione organica del capitale (inducendo dunque la liberazione della manodopera con le nuove tecnologie), in modo che i famosi cicli di Kondratiev trovano la loro realtà in queste vaghe successive di introduzione-massificazione delle nuove tecnologie. La regulation statale rimane dunque necessaria per salvare il capitalismo dei suoi propri “spiriti animali”, cioè per permettere almeno una somiglianza di coerenza riproduttiva, fuori situazioni di crisi troppo acute di sovra-produzione-sottoconsumo (crisi con le loro cause e effetti perversi e speculativi: si tratta qui solo di una bizzarra “distruzione creativa”, visto che, come viene mostrato dalla crisi delle “subprimes”, non è vero affatto che a questo gioco certi perdono ed altri guadagnano. Non solo le somme in gioco (le ricchezze) non sono identiche ma certi perdono letteralmente la camicia (con il regime di pensione ecc.), per tutta la durata della vita .. .che gli resta da campare ... Così certi sindacati, come agenti socio-economici, dovrebbero negoziare da uguali a uguali con il padronato, se non con lo Stato-padrone, non solo per preservare la democrazia ma ugualmente per preservare un sistema concorrenziale che non cascherebbe automaticamente nella Legge della giungla marginalista monetarista (Si tratta oggi di una logica globale: l'aggiustamento tramite il salario nel quadro dell'economia globale è veramente squisito, non è verro? Visto che si mete in competizione diretta dei redditi di lavoro divisi in salari individuali capitalisti, redditi globali netti (servizi sociali) e salari differiti (cassa integrazione, pensione ecc.) con dei salari individuali capitalisti derivati da una assenza criminale di norme, anche minime, di sicurezza sul posto di lavoro o di ogni tutela sindacale ed ambientale ...”

Va ricordata l'espressione di François Rabelais che vale come critica al marginalismo : ''Scienza senza coscienza altro non è che rovina dell'anima''; ma il dottore di Montpellier sapeva ridere dei pitre e delle loro Logge.



Copyright © Paul De Marco 23 Agosto 2009.

Note:

* Dopo il mio Tous ensemble e la dimostrazione brillante e concreta avvenuta con la Riduzione del Tempo di Lavoro (o RTT in francese) messa in pratica dal governo Jospin (anche partendo da una base sensibilmente diversa), furono definitivamente confutate le teorie dei cosiddetti livelli naturali o strutturali della disoccupazione assieme alla terza variante, anche più solowiana questa, dell'equilibrio stabilizzato da una presunta soglia fisiologica, esso stesso socialmente e politicamente variabile. Questo genere di Premi Nobel certi di essere diventati dei pontefici selettivamente (auto)eletti non debbono tenere conto degli ultimi contributi scientifici, basta loro predicare urbi et orbi dal tipico balconcino o cattedra. Pero questa volta questo viene fatto in un modo un poco troppo cavaliere, ma sopratutto ad un deplorabile livello il quale esige di essere denunciato perché va al cuore del problema stesso. Il signore Samuelson è capace di parlare di “lump sum of labor” quando pretende parlare di RTT solo perché non è mai stato capace nella sua vita di fare la differenza tra durata, intensità, produttività e pianificazione (ovvero estrazione della sovrappiù sociale); non sa dunque nulla della produttività che caratterizza comunque il funzionamento intimo del modo di produzione capitalista, e che costituisce sua specifica contribuzione storica. Questa attitudine insulta la Storia. Perché di quale lump sum (a parte quella già famosa e ben escogitata da Senior) si vuole parlare quando la Storia mostra il camino della civiltà e del ben essere sociale, che vanno di pari passo con la riduzione della giornata del lavoro di 12 a 10 ore, poi a 8 ore e così via, senza neppure parlare della domenica non lavorata, poi del fine di settimana e delle ferie statutarie? E verro che da questo punto di vista nei Stati Uniti sono ancora molto in ritardo ... Come possiamo vedere, questo genere di inettitudini proferite usurpando una grande riputazione e un Premio Nobel, incestuosamente stabilita e conferito, costa socialmente troppo caro per potere essere ignorata. La miseria si accanisce già abbastanza sopra la povera gente per non avere ad aggiungerci ancora la stupidaggine e la sufficienza borghese. (Per quello che riguarda la RTT, riferisco al riassunto disponibile nelle Sezioni “Commentaires d'actualité” e “Economie Politique Internazionale” nel mio sito http://lacommune1871.tripod.com . L’ineguagliabile ma tipica «confutazione» di Samuelson battezzata «lump-sum labor theory» è disponible in http://www.worklessparty.org/timework/samlson.htm o ancora in http://archives.econ.utah.edu/archives/pen-l/1999m01/msg00577.htm .) Per parte nostra consideriamo il ripudio del metodo scientifico e la sua sostituzione da una presunta Autorità appoggiata dal ritorno alla selezione ideologica ed all'Indice, come il crimine di civiltà più grande che sia sin dall'imprigionamento di Galileo Galilei, per tacere gli esempi nietzschiani, filosemitici o meno molto più recenti e più ripugnanti ancora.

** Questo termine di “salaud” viene inteso qui nel senso preciso ad esso conferito da Jean-Paul Sartre (il grande filosofo ebbe diritto al suo Victor alias Benny Levy, tipicamente arrampicato alle sue bretelle, in “cane da guardia” come Jaurès ebbe il suo Léon Blum (l'ignorante e pietevole pitre, grande ammiratore della “razza di Herder”, senza ridere ...), Russell il suo Ralph Schoenman, o ancora Nietzsche la sua Lou Salomé, ecc., ecc. Anche Descartes, sospettato di tendere verso l'ateismo, ebbe diritto al suo Leibniz rosicruciano, ma almeno lui non fu troppo riabbassato da questa scelta. Ero tentato di scrivere “nigauds” al posto di “salauds”, ma in questo caso avrei dovuto aggiungere “criminali”, il che avrebbe compromesso la metrica. Mai due senza tre: Il terzo asino è senza dubbio l' "eccentrico" (termine di von Mises) Milton Friedman, per il suo monetarismo; benché non merita l'onore di una tale citazione. Di fatti, la degenerescenza monetarista del sistema monetario nazionale, come pure del regime internazionale di Bretton Woods è già tutta intera contenuta nella semplificazione marginalista di origine, e di conseguenza anche nella semplificazione bastardizzata rinnovata da Hicks, la quale servì di punto di partenza ai due asini capi nobelizzati qui menzionati. In effetto, Friedman fu subito sorpassato nella sua eccentricità criminale da tutti i finanzieri responsabili dei prodotti derivati finanzieri (tra i quali, il pitre criminale ebreo Beresovski, matematico e altro Yeshov di piccola statura che si impadronì, rovesciandola, della mia teoria dei swaps presentata in Tous ensemble, accelerando così fatalmente la débacle del sistema, rischiando anche – se non fosse stato per il mio intervento – di trascinare la Federazione russa e il rouble alla rovina dopo la distruzione della USSR compiuta coi forcipi. Queste persone tipicamente sovra-rappresentate sono ugualmente responsabili del indebolimento e poi della soppressione dei ratio prudenziali, ma non di meno pretendono calcolare i “rischi” finanziari! Compreso alimentandoli con i pseudo-''piani di salvataggio'' delle banche private e con i bonus miliardari per i gruppi di traders, sempre lasciati senza reali controlli in istituzioni finanziari omogeneizzate e ancora tollerate senza tramezzature funzionali. Va ricordato che secondo la BRI (http://www.bis.org/publ/otc_hy0805.pdf?noframes=1 , 2007) c'erano $ 596 trilioni di contratti OTC e $ 58 trilioni di CDS, corrispondenti ad un valore lordo di mercato di $ 15 trilioni. In un tale sistema, nonostante le devastazioni dovute alla crisi, ebrei americani potentemente appoggiati da altri su scala mondiale come Jeffrey Siegel, argomentavano in favore del trasferimento ancor più rapido dei piccoli risparmi dei focolari – compreso le pensioni – nelle mani degli agenti di investimento privati, specializzati in questi nuovi prodotti finanziari; i quali sono fondati sopra quello che ho denunciato come “credito senza collaterale” (vedi ad esempio la Sezione Economia Politica Internazionale nel mio sito http://lacommune1871.tripod.com .) Assistiamo qui a un crimine che va oltre al crimine perpetrato contro la scienza dato che tocca ormai tutti i lavoratori e tutti i Stati-nazioni, in particolare in Occidente, trascinandoli inesorabilmente verso la povertà, la rovina e la guerra.

*** Rinviamo qui al manuale di Paul Samuelson, L'Economique, Armand Colin, 1964.

**** Adam Smith, An Inquiry into the nature and causes of the wealth of nations, Edited by Kathryn Sutherland, Oxford University Press, 1993.

APPENDICE: Offerta e Domanda reinserite nella logica della domanda sociale a partire di un brano dello saggio LEGGE DEL VALORE DI MARX: CONFUTAZIONE DEFINITIVA DELLE INETTITUDINI ANCORA EMESSE RELATIVAMENTE AL PRESUNTO CALO DEL SAGGIO DEL PROFITTO del 12/08/2009 ma non ancora pubblicato.)

Prima di passare alla traduzione del brano in quanto tale riassumeremo pro memoria le Equazioni della Riproduzione di Marx in contra-distinzione di quelle di Tugan-Baranovski (Vedi Tous ensemble per un trattamento più elaborato.)

Le Equazioni della Riproduzione Semplice di Marx sono le seguenti:

Dato un sistema con due settori, SI per i Mezzi di produzione (Mp) e SII per i Mezzi di consumo (Cn):

SI  : c1 +          v1        +          pv1  = M1

SII : c2 +          v2        +          pv2 = M2

La Riproduzione Semplice (nel quadro della quale, secondo Marx, i problemi logici debbono essere risolti prima di passare alla Riproduzione Allargata) viene soddisfatta solo quando sono soddisfatte le Equazioni seguenti, equazioni preziose che risultano della riformulazione critica da parte di Marx del Tableau économique di Quesnay alla luce della sua Legge de valore:

c2 = v1 + pv1

M2 = (v1 + pv1) + (v2 + pv2)

M1 = c1 + c2

Poniamo il rapporto v/C (dove C = c + v). Questo rapporto cruciale rappresenta la composizione organica del capitale (Notiamo che si commette un grave errore, indegno della Legge del valore marxista, quando si da questo rapporto sotto la forma di v/c, visto che in questo caso non si distingue tra lavoro passato e lavoro vivo. Nella composizione organica del capitale, v al numeratore rappresenta il valore vivo, mentre v al denominatore rappresenta il lavoro passato che entra nella produzione appunto come capitale variabile.) Poniamo ugualmente il tasso di sfruttamento ovvero di sovrappiù, pv/v. Il tasso di profitto sarà pv/C, cioè il sovralavoro rapportato all'insieme del capitale presente sotto forma di capitale costante (c) e di capitale variabile (v).

Otteniamo allora le varianti seguenti per i due settori considerati:

1) v/C identici e  pv/v identici

2) v/C identici e pv/v differenti

3) v/C differenti e pv/v differenti


  1. v/C differenti e pv/v identici. (Questo caso sarà ovviamente una assurdità anche considerando che tutto il lavoro disponibile appare sotto forma del “lavoro semplice” o “comune” secondo Adam Smith. Ma una sua versione ebbe un'importanza storica anche fallacia sotto la forma di v/C differenti e pv/C (o saggio del profitto) ugualizzati. Questa variante fu proposta con la tragica formulazione del famoso problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzioni. In questo caso si comincia con pv/v differenti o uguali all'inizio e si arriva, tramite la fasulla equalizzazione del tasso di profitto, a pv/C identici.)

Si tratta qui unicamente di possibilità formali. Non hanno tutte un senso economico razionale. Questo senso economico appare solo con la risoluzione coerente del problema della produttività considerata come forma di estrazione della sovrappiù. In tutti i casi, queste variazioni debbono pero rispettare una condizione; l'uguaglianza del tasso di profitto. A prima vista questo viene imposto dalla mobilità del capitale da un settore verso l'altro, ma in realtà, tale che viene dimostrato dalla definizione della produttività, questo tasso di profitto identico risulta essere un dato organico del sistema economico complessivo.

La prima possibilità rinvia ovviamente ad un caso particolare. La seconda non ha nessun senso strutturalmente ricevibile, neanche quando consideriamo un aumento pontuale della durata o dell'intensità del lavoro. (Questo diventa immediatamente percepibile quando si addotta l'abitudine marxista di riformulare le funzioni di produzione « empiricamente date » per tutto un ciclo di produzione sopra una base c + v = 100, procedura che permette di paragonarle e di valutarle con un semplice colpo d'occhio. Il saggio di profitto sistematico varierebbe da un settore all'altro eliminando così ogni commensurabilità del lavoro. In oltre, dal punto di vista degli epifenomeni capitalisti questo contraddirebbe l'ipotesi della concorrenza intesa come mobilità del capitale. La quarta ipotesi tenta di correggere la seconda: in effetti, con essa si mette in scena i schema dei prezzi di produzione nel quale si impone in maniera esterna – e ridondante – un saggio di profitto identico partendo della seconda alternativa in modo che si può allora dare i prezzi di produzione in uscita (output) sopra la base pv/v data in termini di valori divergenti.

Illustriamo rapidamente il caso della cosiddetta trasformazione dei valori in prezzi di produzione:

Schema valori SI: c 70 + v 30 + pv 30 = M 130 => pv/C = 30%

SII: c 80 + v 20 + pv 10 = M 110 => pv/C = 10%

Qui il saggio del profitto sarebbe divergente cosa subito ugualizzata dalla concorrenza intesa come mobilità del capitale, in modo che la stabilità sarà ritrovata con l'uguaglianza del saggio del profitto. Operando questa uguaglianza si otterrebbe i prezzi di produzioni. Cioè:

Schema prezzi di produzioni: SI: c 70 + v 30 + pv 20 = M 120 => pv/C = 20%

SII: c 80 + v 20 + pv 20 = M 120 => pv/C = 20%



Si avrebbe degli input in valori e degli output in prezzi di produzione, ma come gli output diventano input al ciclo seguente ci sarebbe una contraddizione letale. E di fatti è proprio così: Ma questa contraddizione nasce tutta armata dallo spirito debole e borghese di Böhm-Bawerk, il quale si inventa una contraddizione tra il Libro I e i Libri II e III del Capitale, dunque un fallimento logico della Legge del valore marxista imputato a Marx. Purtroppo tale imputazione non ha niente a che vedere con Marx stesso. (Si nota che i massoni dell'epoca presero paura sin dal inizio, perché appunto avevano capito che Marx praticava una logica di un rigore eccezionale senza concessioni venali: tutte le loro narrazioni e tutti i loro trucchi erano così destinati a cadere l'uno dopo l'altro come altrettanti sofismi; sappiamo che avevano ragione.) Ben inteso questa soluzione risulta falsa: Come venne menzionato da P.P. Rey sulla basa dell'edizione La Pleiade, si trattava in realtà di una ipotesi preliminare espressa da Marx in due lettere indirizzate a F. Engels nelle quali Marx era preoccupato dal problema della rendita nell'opera di Adam Smith e più ancora in quella di Ricardo. Il problema di fondo era quello del concetto furbacchio di rendita fondiaria capitalista di Ricardo. (Cioè, in fondo, come traspira dagli abbozzi inseriti nel Libro III del Capitale ancora prigionieri di Ricardo, del problema della transizione del modo di produzione feudale al modo di produzione capitalista. O se si vuole, in termini più generali, del problema della coesistenza a dominanza dei modi di produzione.) Marx aveva già rivelato l'errore fondamentale di Ricardo nei Manoscritti parigini del 1844: la rendita agricola di Ricardo era fondata sulla premessa silenziosa di invariabilità della terra come categoria produttiva: Marx notò allora che in questo caso sarebbe una categoria economica irrazionale e fuori dell'esperienza storica, notando con tipico scrupolo i contributi concreti della scienza moderna alla produttività della terra. Si nota qui il termine produttività, visto che per risolvere il problema dell'inserzione della Legge del valore nelle Equazioni della Riproduzione Semplice si deve per forza risolvere il problema della produttività: Fatto questo il montaggio della trasformazione dei valori in prezzi di produzione sparisce da se stesso e appare invece nella sua grottesca nudità borghese-massonica. In effetti, ritornandosi tipicamente contro i suoi ideatori pitre per quello che riguarda il problema degli input ex ante, degli output post hoc. Ovviamente, Marx non è personalmente responsabile dell'edizione rinnegata dei Libri II e III del Capitale effettuata da Kautsky et al., ai quali Engels, già avanzato di età e con una vista declinante, fu costretto di fare fiducia delegando una buona parte del lavoro di edizione. Si nota che la concorrenza nel cosiddetto schema dei prezzi di produzione sarebbe ridondante. La concorrenza agisce sempre in modo che durante un ciclo di produzione sarà già neutralizzata nel processo di scrivere la funzione di produzione stessa, nella sua forma empirica, dunque sul medio e lungo termine. Cioè di passare oltre ai diversi lavori o mestieri come pure le altre varianti congiunturali come il tempo e l'intensità puntuale, per considerare il “lavoro astratto” e il “lavoro socialmente necessario”. Idem per i capitali singolari quando si scrive il rapporto cruciale della composizione organica sopratutto in un schema dato secondo i settori o secondo le industrie. No si può dunque fare intervenire di nuovo la concorrenza per ugualizzare il saggio del profitto per arrivare ai prezzi di produzioni; questa uguaglianza deve risultare del schema valore e delle sue funzioni di produzioni; ma soprattutto deve risultare del schema valore capace come voleva Marx (e la logica) di rispettare in modo rigoroso le Equazioni della Riproduzione semplice. La soluzione completa fu offerta nel mio Tous ensemble. Ho capito dopo che a parte qualche pitre delle Logge i professori universitari, incluso quelli che amano dirsi marxisti o di sinistra, non avevano minimamente il bagaglio teorico per capire la mia dimostrazione. Se poi si aggiunge dei pitre ed asini come Bertinotti e Bellofiore si capisce come le classi dirigenti riescono a negare l'autonomia scientifica, culturale e politica del proletariato. Per questo ho parlato di bassi cleri e di servi in camera oltre che di pitre. Questa occultazione, fondata sopra la stessa grottesca ignoranza stipendiata e la stessa pigrizia auto-soddisfatta, continua tuttora, particolarmente in Italia ed in Francia.

La terza alternativa è quella che corrisponde alla mia delucidazione della teoria della produttività di Marx giustamente reinserita all'interno delle Equazioni della Riproduzione Semplice (RS). In questo caso si deve pero rispettare una evoluzione proporzionale inversa tra i due saggi principali nel caso in cui si produce un aumento della produttività. Tale proporzionalità inversa risulta essere una necessità logica-aritmetica dunque incontestabile.

La produttività in quanto tale rinvia alla magistrale analisi delle forme di sfruttamento oggetti di importanti sviluppi nel Libro I del Capitale editato da Marx stesso. (In riassunto, queste forme sono: la sovrappiù assoluta corrispondente alla durata, la sovrappiù relativa o intensità pontuale, la produttività ovvero l'intensità strutturale, e, secondo me, sempre sopra la base della teoria del valore di Marx, la «sovrappiù sociale», la quale deve caratterizzare la transizione fuori del modo di produzione capitalista, come pure i modi di produzione successivi; la sovrappiù sociale elimina la comprensione primitiva secondo la quale il socialismo e il comunismo abolirebbero il sovralavoro, confuso con l'alienazione. (Va notato che l'alienazione deriva maggiormente dalla reificazione del lavoro umano ridotto al status di merce, e solo in modo minore dal distanziamento del produttore e del suo prodotto per mezzo dell'inevitabile divisione del lavoro.) In effetti, nei modi di produzione post-capitalisti, si punterà ad un forte incremento del sovralavoro, via la produttività e la competitività più grandi possibili in modo giustamente da ridurre secolarmente la durata effettiva del tempo di lavoro. In oltre, con il ricorso alla pianificazione ed alla democrazia socialista, i modi di produzione post-capitalisti avranno a cuore lo sviluppo del controllo collettivo della produzione e dell'allocazione delle ricchezze collettivamente prodotte, o sovrappiù sociale, senza mai dimenticare la distinzione tra dominio della necessità economica e dominio della libertà sociale e personale. In effetti, è proprio questa distinzione che ha diviso e a volta opposto gli anarchici individualisti e piccolo-borghesi ai comunisti, cioè a quelli anarchici disciplinati coscienti di essere parte di un divenire collettivo nonché semplicemente individuale.)

Una produttività più grande significa che si può produrre più prodotti di un stesso tipo, in un identico tempo di lavoro, con la stessa forza di lavoro data in termini di valore di uso, ma certo non con lo stesso numero di lavoratori fisici; intanto, sopra la base di C = c + v = 100, espressi in termine di valore di scambio, v diminuirà mentre c aumenterà dato l'impiego di tecnologie più avanzate e di una migliore organizzazione del processo di produzione. In fatti, tutto questo è più facile da illustrare nonché da descrivere in poche righe (vedi in mio Tous ensemble): Sopra la base di una funzione di produzione di partenza, diciamo tale che c = 80 + v = 20 + pv = 20 = M, basta variare v/C conservando M’ = M in valore di scambio, ma con un numero di prodotti più grande corrispondente alla crescita della produttività. Ad esempio, per un aumento di ¼ avremo c’ = 84 + v’= 16 + pv’ = 20 = M’= 120 euro ma ¼ di più di prodotti rispetto a quelli che si aveva in partenza con M. Pensare la produttività presenta il vantaggio di fare pensare in termini di Legge del valore marxista, cioè tenendo conto simultaneamente dei valori di scambio e delle quantità, o, se si preferisce, dei valori di uso e dei valori di scambio, il grande e letale angolo morto di tutte le teorie borghese, ed in particolare del marginalismo.



Come già segnalato, il rapporto di proporzionalità inverso caratteristico della composizione organica e del tasso di sfruttamento nel caso di una mutazione delle condizioni di partenza, rimanda ad una necessita tanto aritmetica quanto economica (nel modo più semplice se una somma invariabile è divisa in due parti uguali e poi, senza altri mutamenti, una sua parte cresce allora l'altra deve diminuire in proporzione inversa, esigenza logica poi adattata ai vari componenti della funzione di produzione.) E proprio la produttività, forma di estrazione per eccellenza del modo di produzione capitalista, che permette di rivelare questo segreto e dunque di trascendere le categorie utilizzate tanto da Aristotele quanto da Smith, Ricardo e tutti quanti, permettendo così una migliore comprensione della commensurabilità tra tutte le merci, compreso la forza del lavoro concepita come una merce. Segue che l'uguaglianza del saggio di profitto è determinata in maniera endogena secondo la logica della legge del valore, almeno per un “dato universo” (per riprendere il contributo metodologico di Franck Ramsey), quello che Marx chiamava condizioni “morali”, cioè quelle condizioni legate al livello di civiltà. Marx utilizzava questo termine “morale” nel senso classico contenuto nell'espressione “scienze morali” così contraddistinte dalle scienze dette “pure”. Cataclismi naturali o socio-economici (lotte di classe, rivoluzioni) possono ovviamente produrre una riformulazione permanente di questi rapporti, senza pero modificare la loro logica interna. Ma allora questo dovrebbe impegnare ricerche storiche, ad esempio ristabilendo la legge del valore nel lavoro della Ecole des Annales. Almeno quella anteriore all'arrivo di pitre del tipo di Braudel, Wallerstein e Co., gente che sogna sempre al bottegaio, al macellaio, ed al sarto del quartiere come paragone di libertà (formale), facendo pero finta di pensare che le condizioni moderne, notabilmente quelle nate dalla Resistenza, non avrebbero dato nessuno contributo valevole alla filosofia del diritto naturale che ispirava i Fisiocratici e Adam Smith; per non menzionare l'oblio dell'esistenza irrefutabile delle aziende multinazionali (“Big corporations” nel giargone americano) già segnalata dai New Dealers di F. D. Roosevelt contro il “rugged individualism” fallimentare di Hoover; queste multinazionali concretizzavano già all'epoca il doppio fenomeno di centralizzazione-concentrazione economico salutato come una necessita storica da essere contro-bilanciata col rafforzamento del potere di negoziazione dei lavoratori (i.e. sindacalizzazione e convezioni collettive.) ... Come ben sappiamo, questa gente sogna perpetuamente di “ritorni” a volta presentati come “ascendenti” ... Teoria rappresentativa del tipico plagio rovesciato dei “ricorsi” progressisti formulati nella Scienza nuova di Giambattista Vico, lui stesso ispirato dalla secolarizzazione dello Spirito di Gioacchino da Fiore sopra la base del quale i rabbini, sempre desiderosi di giustificare le crociate, costruirono il loro parlare ostrogoto oscurantista della cabala ebrea, messa al posto della tradizione biblica orale così cara ad un Scholem... Come tutti sanno, l'Abate calabrese Gioacchino era convinto che la vera Gerusalemme non era niente altro che la coscienza umana, concetto che aboliva in un colpo solo e senza lacerazioni traumatizzanti tutte le prediche bellicose e venali di Saint-Bernard, dei suoi Templari, dei rabbini e dei loro finanzieri, micro-Stati come Venezia, Stati come il Regno delle Due Sicilie, o individui. Sappiamo della cancellazione dei debiti della nobiltà rovinata, in cambio del servizio di crociata, della Palestina e della Sponda meridionale del Mediterraneo controllata dall'Islam dopo l'Egira – a parte l'Etiopia del Prete Giovanni ... Sappiamo ugualmente che queste regioni costituivano il punto di arrivo e il prolungamento della Via della Sete, per meglio dire del fruttuoso commercio internazionale dell'epoca, in particolare quello delle spezie (épices.) L'esempio delle Annales oggi infiltrate e sviate dai vari Braudel e Co., tutti molti distanti di un Marc Bloch, che per parte sua all'ora di verità non si seppellì in una biblioteca per aspettare il passare dell'onda, dimostra la necessità di riabilitare il materialismo storico, cioè il metodo storico illustrato da Marx nei suoi Les luttes de classes, Guerre civile en France, come pure nel suo 18 Brumaire. Altrimenti, si contribuirà a trasformare i diparti di storia e altri in semplici succursali dell'Università di Chicago (qui ci cago!!!), erigendo un volgare Léo Strauss al statuto di (nouveau) filosofo, anzi di nuovo “maître à penser”! Abbastanza insomma per finir nel modo auspicato da Nietzsche per i cittadini Francesi, incarnazione eccellente del Individuo hegeliano con una I maiuscola! In Italia un pitre di servizio come Vasapollo va ancora in giro con le favole della caduta tendenziale del saggio del profitto. In oltre, malgrado il mio Tous ensemble del 1996, si va ancora in giro pontificando sulla non-esistenza del problema della trasformazione, ma senza dare nessuna dimostrazione di questa affermazione; in realtà, senza nemmeno sapere di cosa si tratta avendo dunque anche ignorato la presentazione complessiva del problema da parte di un marxista maggiore e onesto come Paul Sweezy, persona che ammiro proprio perché, pur cadendo nelle illusioni partorite dal montaggio formalistico di Tugan-Baranosvski, impedendosi così di risolvere questo falso problema nato nella testa di Böhm-Bawerk, non ha pero mai cercato di negarlo: Ha agito con onesta scientifica, permettendo eventualmente la risoluzione del problema da me sulla base del magnifico contributo di PP Rey! Malgrado il mio contributo, questa gente non sa neanche perché la composizione organica deve essere scritta v/C, dove C = c + v, e non v/c. Immaginarsi! Non di meno dopo il mio Tous ensemble vanno in giro vilmente usurpando il concetto di lavoro vivo ... a ritroso ... ma conservando il posto universitario. Povera disciplina e poveri studenti.

(Non chiederemo qui che diavolo di cavolata può essere un “Profit State”, espressione senza nessuno senso, ma enunciata con tipico anglicismo. Senza cadere nella casistica dello Stato come “quartiere generale” del capitale o meno, via la sua “autonomia relativa”, i funzionari dell'Amministrazione Pubblica, assieme ai loro sindacati, sanno benissimo cosa può essere realmente uno “Stato padrone”, o con tipica antinomia borghese uno “Stato non-interventista neoliberale e anti-keynesiano, ma un “Profit State”, niet, almeno non in termini marxisti, rispettosi della Legge del valore e dei processi di estrazione della sovrappiù. Neanche integrando il mio concetto di “sovrappiù sociale” ignorato da questi “professori” tipicamente fieri delle loro “cassette degli attrezzi”... appunto accademiche e borghese più che marxiste (Presunte cassette nemmeno abbastanza interiorizzate per criticare Solow, ad esempio, dal interno, vedi la mia critica della funzione di produzione solowiana Y= f(K,L) che dimostra almeno una conoscenza di Keynes! Se non, di che diavolo stiamo parlando? A me risulta che di marxismo non sanno molto, e dubito proprio che hanno preso il tempo necessario per leggere il Capitale nel testo, a parte due o tre capitoli sempre scolasticamente scelti secondo il bisogno del momento, come ad esempio quelli del Libro III sul calo del saggio di profitto, senza neanche sapere molto delle condizioni di redazione e di pubblicazione postume dei Libri II e III! ) Per fortuna nel Trattato di Vasapollo et ali., ci sono alcuni capitoli scritti dai co-autori. Perciò, non si può più lasciare passare un pitre hyper-mediatizzato come Luciano Vasapollo (o i suoi colleghi del calo tendenziale del saggio del profitto ...) Ignorare il problema ammonta a tradire l'autonomia del paradigma marxista; senza la difesa di questa autonomia scientifica si rimane prigioniere anche a suo malgrado di una minestra marginalista e borghese fast-food ormai passata di data. Quando si pretende essere marxisti, non si può permettersi di ignorare i contributi marxisti maggiori. Detto umilmente, i miei! Quando penso che avevo mandato il mio Tous ensemble ad un mezzo ignorante ma da me creduto comunista e onesto come Napoleoni, che non ha nemmeno avuto il minimo galateo di rispondere ...! come siamo molto a sapere, la risposta (di classe) è poi venuta puntuale dagli asini Ingrao, Curzi, Bertinotti, Bellofiore ecc ecc ... in Italia, questi non mancano, ma questi furono forzati a mascherarsi pericolosamente per fare quello che dovevano fare, per professione e vocazione reali! Gli altri, nemmeno si sentono. In questo contesto nazionalmente debilitante, io sono stato obbligato di tradurre in “italiano”, da solo. Altro che “battaglia delle idee!” Ora basta con questi pitre di servizio, soprattutto quando si arrangiano per godere di presunti appoggi mediatici esterni! E tempo di ricostruire una vera ed autentica disciplina marxista appoggiata e appoggiando un vero ed autentico Partito del Comunismo e della Libertà.)

Nei suoi scritti storici, Marx dimostra l'uso corretto della Legge del valore per la ricerca storica. Ad esempio, dopo avere criticato in modo costruttivo il concetto di capitale mercante ed il mercantilismo, sviluppa il concetto di “capitalismo industriale” come nuova frazione dominante del capitale rispetto al capitale bancario classico. Questa anticipazione, fondata sopra la comprensione della genesi del “credito” nella riproduzione allargata permetterà poi a Paul Lafargue, seguito da Hilferding (ancora schiavo di Hobson) e soprattutto da Lenin di sviluppare il concetto di «capitale finanziario». Siamo qui molto lontani delle categorie sociologiche fondate sopra il «lavoro dei manovali» concepito da Jean Fourastié come metro per paragonare temporalmente i vari modi ed epoche di produzione. Anche all'interno di un stesso modo di produzione possiamo distinguere “epoche” riproduttive diverse, dominate da una specifica frazione del capitale. Nel stesso modo, Marx offre una analisi molto elaborata dello sviluppo delle istituzioni formali borghesi. Astrazione fatta dall'alienazione al vocabolario e dalle interpretazioni anacronistiche, apre così la strada alla critica delle “conquiste popolari” che portano ad un Stato sociale molto circoscritto (iniziato da Wagner per Bismarck ... e continuato da Beveridge e Keynes), e totalmente sprovvisto di ogni possibilità interna di uscita dal modo di produzione capitalista perché riposando sopra la supremazia della proprietà privata. Nel stesso contesto Marx analizzò la differenza democratica essenziale tra la dittatura legale della borghesia al benefico della proprietà privata e la “dittatura del proletariato” pensata come regime legale, capace di garantire l'uguaglianza materiale di tutti come condizione sine qua non del libero sviluppo di ognuno.

Per Marx la dittatura del proletariato era un regime costituzionale nel stesso modo della dittatura della borghesia, ideata per difendere la proprietà privata. Non ha niente a che vedere con la dittatura totalitaria moderna, la quale nasce dalla pretesa filosemita nietzschiana di modellare artificialmente gli individui mentre si falsifica la Storia ed il suo divenire con delle narrazioni. (In effetti, questa falsificazione volontarista si ritrova nel scellerato metodo filologico ed etimologico ideato da Nietzsche e Heidegger – contro quello scientifico di Vico-Hegel-Marx. Come è noto Heidegger è sempre rimasto il “maître à penser” adulato di Hannah Arendt, fatto che illustra la sua grottesca, se non volontaria, confusione sul concetto di totalitarismo: il divenire marxista e comunista, anche per il compagno Stalin, era una questione di divenire storico, un modo di produzione trascendendo l'altro per opera della lotta di classe secondo le leggi economiche e storiche, una concezione del tutto opposta ad una fabbricazione artificiale e regressiva (data come “ritorni”), specificamente fondata sopra un oscurantismo pseudo-religioso e massonico e propagata da massoni e rabbini associati con l'aiuto della selezione e dell'Indice più o meno allo scoperto secondo le epoche.

Questo appare ugualmente con accecante chiarezza alla luce della controversia tra l'ebreo Marris (tipicamente dato per un grande specialista ...) e il comunista Stalin, per quello che riguarda la linguistica e con più concretezza la politica delle nazionalità. La preoccupazione maggiore del compagno Stalin non era di fare figura nei salotti occidentali e filosemiti-biblici discorrendo in modo astratto di “linguistica”, ma piuttosto di preservare la diversità multinazionale della URSS nel quadro del rafforzamento della sua unità cittadina e socialista. Intanto, Stalin, grande specialista della questione delle nazionalità in un spazio sovietico che ne comprendeva oltre una centinaia, non era certi tra quelli che cercavano laboriosamente ad alienare tutti quanti dall'interno, inventando una lingua ex nihilo, oppure iniziando una lingua morta per darla in seguito come alfabeto divino e come sale della terra ... Vedi il testo di Stalin relativo a questo argomento in www.marxists.org . Importa aggiungere qui che il testo di Stalin relativo alla pianificazione socialista rappresenta il migliore contributo a questa problematica dopo il Libro II del Capitale di Marx. Stalin disponeva di una legge del valore restituita da Lenin e da Bukharin per citare solo questi due ma una legge ancora confusa per quello che riguardava la produttività inserita nelle Equazioni della Riproduzione. Intanto Stalin aveva subito capito l'importanza dell'innovazione tecnologica per la produzione, come pure per la crescita accelerata del ben essere del proletariato e del popolo in generale. In questo senso parlava di coniugare il pragmatismo americano con il romanticismo rivoluzionario, prendendo come criterio di valutazione la crescita del ben essere del popolo e dell'uguaglianza concreta tra tutti i cittadini. Stalin non era schiavo del problema della rendita, aveva rapidamente capito l'importanza di godere di importanti surplus alimentari ed energetici per accelerare l'accumulazione e dunque lo sviluppo socio-economico e culturale. Troppi nani mal intenzionati, particolarmente tra la clique dei filosemiti nietzschiani che l'hanno assassinato malgrado il contributo senza pari dato da Stalin per farli uscire delle griffe nazifasciste, amano continuamente sporcare quelli che li salvano la vita. Fin qui a ripetizione ...Vedi  Economic Problems of Socialism in the USSR, February-September 1952 in http://www.marxists.org/reference/archive/stalin/works/1951/economic-problems/index.htm )



A proposito della Legge del valore, dobbiamo notare con cura che non si tratta unicamente di storia, o di rigore metodico, da utilizzare al posto delle analisi comparative sviluppate soprattutto dagli etnologici impiegati dai servizi di intelligence delle potenze coloniali. Questo metodo comparativo antropologico-sociologico fu sviluppato in concorrenza con la teoria della guerra psicologica quando i servizi di intelligenza cercavano di comprendere meglio i loro “nemici” per poterli dividere e dominarli con più facilità, a volte per convertirli più rapidamente alla loro specifica modernità. In realtà la posta in gioco più importante è l'avvenire della pianificazione socialista ovvero, come sottolineato da noi nel Brano riprodotto qui sotto, la necessità di sviluppare una contabilità e statistiche rigorosamente socialiste, scientificamente ancorate nella Legge del valore e nelle Equazioni della riproduzione di Marx.

Vediamo ora l'inganno pseudo-algebrico di Tugan-Baranovsky oggetto di una lunga e multiforme carriera. Influenzò Bortkiewics e tutti i pseudo-marxisti universitari dopo di lui (senza pero influenzare i Bolscevichi, in particolare quelli che, come Lenin, avevano realmente letto il Capitale e conosciuto Lafargue.) Influenzò Piero Sraffa. Certo in modo occultato, influenzò anche il metodo marginalista di concepire il “mercato dei mercati” sopra la base, diciamo euristica, del schema a tre settori proposto da Tugan-Baranovsky. Sottolineiamo en passant che l'introduzione del mercato monetario utilizzato per arrivare ad una risoluzione simultanea delle Equazioni, ovvero l'equilibrio generale, aggrava l'occultazione marginalista iniziale rispetto al profitto: qui, il profitto e l'interesse sono irrimediabilmente confusi l'uno con l'altro, quando in realtà l'interesse deriva dal profitto senza che l'inverso fosse vero. Così l'economia politica borghese rimane ontologicamente incapace di distinguere tra economica reale e economia speculativa, ma ricompensa prioritariamente il rischio, visto che questo è l'unica possibile legittimazione del profitto che gli ideologhi borghesi amano riconoscere per la sua presunta neutralità, senza preoccuparsi troppo dell'accumulazione primitiva che porta fatalmente all'esproprio rappresentato dalla proprietà privata! La borghesia odia istintivamente il divenire storico e cerca rifugio nell'istantaneità, dunque il metodo positivista, antenato del zapping. Il cerchio diventa allora rapidamente infernale, sopratutto perché il mercato finanziario è oramai globale e privo di ogni divisioni funzionali. Oggi la finanza cosmopolita filosemita nietzschiana globale si è inventata un metodo tipico: conferisce dei bonus più alti ai traders per la presa di rischio borsistica; intanto questo gioco viene fatto con dei “montages” eterocliti di prodotti derivati i quali, al loro turno, rinviano usualmente ad altri “montages” di “montages”; la teoria statistica dovrebbe allora insegnare quello che accade; in simili condizioni diventa impossibile calcolare il rischio rappresentato da ogni “strumento” finanziario, anche conoscendo la sua composizione – cosa che si verifica in pratica. Nel migliore dei casi si potrà calcolare delle zone di probabilità con rischi più o meno elevati, il che non permette a fato di prevedere e di segnalare le possibili reazioni a catena. Se a questo si aggiunge il castello di carte dei CDS e degli OTC allora questo gioco diventa senza speranza. E lo rimane anche rovinando tutti i Stati occidentali con vari piani di salvataggio destinati esclusivamente a questi finanzieri cosmopoliti, realmente criminali, ma comunque sempre sprovvisti di collaterale proprio (sopratutto in termine di produzione del valore.) Quelli che pretendono calcolare il rischio creato da questi strumenti finanzieri dovrebbero prima capire la differenza tra profitto e interesse, e poi ripassare d'urgenza quello che scrisse Leibniz relativamente all'utilità delle probabilità per la conoscenza scientifica ... Detto questo, si nota che non è affatto la speculazione borsistica oppure l'invenzione dei prodotti derivati che costituisce il cuore del problema. In effetti l'economia borghese è organicamente speculativa nonostante la massa salariale sia sempre sacrificata in modo fallace, ma quasi esclusivo, nella speranza di controllare l'inflazione. Bene inteso, la dominanza del capitale speculativo di corto-termine, con le sue insostenibili esigenze per il ROE (return over equity) inquina e indebolisce l'intero sistema tramite il sabotaggio del capitale produttivo. Detto questo pero, la crisi rimane un dato ontologico del modo di produzione capitalista: crisi cicliche per prima, quando la speculazione intacca l'economia reale (cioè quando l'interesse pretende mangiarsi tutto il profitto); le crisi diventano sistemiche in seguito quando la contraddizione tra sotto-consumo e sovrapproduzione si schianta contro l'opposizione sistematica tra forze produttive e rapporti di produzione. A questo soggetto va sottolineato il desiderio latente della borghesia di strumentalizzare un “ritorno” ad una società della nuova schiavitù e della nuova domesticità (Vedi Nota 15 su John Galbraith nel mio Libro III disponibile in italiano nei Brani tradotti nella Sezione Italia ) Questo desiderio regressivo rivela la perdita definitiva della propensione rivoluzionaria che aveva caratterizzato il liberalismo, certo censitario, ma per lo meno fondato sopra la filosofia del diritto naturale, cioè la fine annunciata della sua egemonia economica e culturale. Non suona l'ora della “fine della Storia”, ma più generosamente come anticipava Marx quella della borghesia come classe dominante e, con essa, quella della Preistoria umana.

Arriviamo ora al schema in questione. Si ci rende subito conto che questa invenzione quadrata di Tugan-Baranovsky non ha più niente a che vedere né con Marx ne con l'economia. Il suo schema rivela una riformulazione positivista (se si vuole, una anticipazione delle asinate di Karl Popper assistite dalla cosiddetta “nuova alleanza” di Prigogine) di un problema già falso sin dal inizio – per memoria quello di Böhm-Bawerk relativo alla presunta contraddizione letale tra valore e prezzo di produzione. Questa riformulazione è cucinata ad arte per permettere la scrittura di un sistema quadratico con simile numero di equazioni e di variabili. Pura sostituzione borghese della sostanza con la forma, come fu già illustrato dai diritti umani riconosciuti unicamente se formali ... Tugan-Baranosvky introduce così un terzo settore, il settore Oro, dimostrando in questo modo che anche lui non aveva capito niente alla distinzione tra equivalente generale (moneta) e equivalente universale (valore di scambio della forza del lavoro, unico fattore di produzione capace di mettere in moto gli altri fattori di produzione per creare nuovi valori di scambio.) Ecco dunque il suo schema presunto capace di assicurare la “riproduzione”:

c1 + v1 + s1 = c1 + c2 + c3

c2 + v2 + s2 = v1 + v2 + v3

c3 + v3 + s3 = s1 + s2 + s3

La terza linea rappresenta la produzione di Oro, la quale presumibilmente corrisponde alla moneta ed ai profitti. In questa occultazione ideologica i borghesi sono realmente colpevoli; pero gli universitari, pagati con fondi pubblici, lo sono doppiamente!

Nel brano che segue dimostriamo come nessuno modello di Offerta e Domanda possa fare astrazione delle Equazioni della Riproduzione di Marx, cioè di quello che dobbiamo chiamare la “domanda sociale” tenendo rigorosamente in linea di conto tanto le quantità quanto i valori. Per incisa, questo permette ugualmente di capire la differenza tra prezzi relativi, valori e false unità di conto borghese.


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